L’occlusione arteriosa retinica si verifica a causa dell’interruzione da parte di un embolo del flusso sanguigno derivante dalla arteria centrale retinica (occlusione arteriosa centrale, CRAO) o uno dei sui rami (occlusione arteriosa di branca retinica, BRAO). È una situazione rara, ma che comporta grave compromissione della funzionalità visiva in quanto l’occlusione, ostacolando l’afflusso di sangue, non permette l’apporto di nutrimenti ai tessuti con conseguente ischemia e morte per infarto della porzione di retina a valle dell’occlusione.
Le occlusioni arteriose retiniche colpiscono maggiormente gli uomini, con età media di insorgenza intorno ai 60 anni, e condividono gli stessi fattori di rischio di infarto cardiaco e ictus cerebrale: ipertensione arteriosa, aumento del colesterolo e dei trigliceridi, diabete mellito, aterosclerosi con stenosi carotidea, arteriti, aritmie, valvulopatie cardiache e difetti della coagulazione del sangue.
La CRAO è il tipo di occlusione più frequente. L’arteria centrale retinica viene occlusa da un embolo a livello della sua emergenza dal nervo ottico, questo comporta la compromissione del passaggio di sangue in tutte le sue diramazioni. In circa il 20% della popolazione è presenta una arteria che deriva dalla circolazione coroideale, l’arteria cilioretinica, quando essa è presente il sangue continua a fluire nel suo territorio e, se irrora la macula, la visione centrale può essere risparmiata.
Sintomi
La CRAO si presenta con una perdita della vista monolaterale improvvisa e profonda, senza dolore (tranne nei casi in cui essa sia dovuta ad arterite a cellule giganti che si associa a cefalea, dolore a livello del cuoio capelluto, dolore alla masticazione). La pupilla dell’occhio colpito non reagisce all’illuminazione diretta, mentre si contrae se stimolato l’altro occhio (difetto pupillare afferente relativo, RAPD).
Diagnosi
La diagnosi viene posta tramite osservazione del fondo oculare. La retina appare di colorito biancastro che risalta una macchia rosso-ciliegia in corrispondenza della parte centrale della retina. L’albero vascolare occluso risulta attenuato e nel 20% dei casi è possibile osservare l’embolo nel suo interno, la papilla ottica appare edematosa.
La fluorangiografia retinica (FAG) mette in evidenza il difetto di perfusione delle arterie con aumento del tempo che intercorre tra la somministrazione del colorante in vene e l’arrivo alla retina.
La BRAO si instaura quando l’embolo si blocca a livello di una diramazione della arteria centrale retinica, il quadro ha caratteristiche variabili in rapporto all’estensione e alla localizzazione dell’area retinica nutrita dal vaso occluso.
Sintomi
La BRAO comporta una perdita indolore e improvvisa di parte del campo visivo di grado variabile in relazione all’estensione dell’area retinica coinvolta.
L’acuità visiva dipende dal coinvolgimento della regione maculare, se viene occlusa la branca arteriosa che la nutre risulterà fortemente compromessa, mentre se non viene coinvolta la visione centrale sarà conservata.
Diagnosi
All’esame del fondo oculare si osserva edema retinico localizzato nel territorio della branca occlusa, è possibile osservare l’embolo, soprattutto a livello delle biforcazioni delle arterie. La FAG permette di confermare e localizzare con precisione l’area interessata dall’ischemia. L’esame del campo visivo viene utilizzato per valutare l’entità del difetto.
In circa il 2% degli occhi affetti da CRAO si possono sviluppare vasi anomali che possono portare a glaucoma neovascolare con aumento elevato della pressione oculare. La prognosi risulta peggiore nelle CRAO, in quanto la perdita visiva è severa, mentre nelle BRAO il difetto del campo visivo tende a stabilizzarsi nel tempo, il buon funzionamento dell’occhio controlaterale e i movimenti del capo compensano il deficit, il recupero dell’acuità visiva dipende dal coinvolgimento maculare.
L’occlusione arteriosa retinica è una situazione di emergenza in quanto la perdita della visione è irreversibile ed è in relazione con il tempo che intercorre tra l’occlusione dell’arteria e la sua riperfusione. Tuttavia, non vi sono ancora oggi terapie che abbiano mostrato una chiara efficacia. Possono essere eseguite alcune manovre finalizzate a ridurre la pressione oculare allo scopo di mobilizzare l’eventuale embolo presente come: il massaggio oculare eseguito tramite una lente a tre specchi (usata comunemente per esaminare il fondo oculare e l’angolo irido-corneale) che viene posta a contattato con l’occhio, la paracentesi della camera anteriore e aspirazione di 0,1-0,2 ml di umor acqueo, utilizzo di farmaci ipotonizzanti. La rirespirazione in un sacchetto di carta, che aumenta l’anidride carbonica nel sangue, provoca vasodilatazione con possibile rimozione dell’embolo. Sembra avere un buon effetto la respirazione di una miscela di ossigeno al 95% e anidride carbonica al 5% per un possibile effetto sul ritardo dell’ischemia e induzione della vasodilatazione. Vengono usati anche farmaci fibrinolitici e anticoagulanti.
È importante ridurre il rischio di insorgenza di occlusioni arteriose retiniche agendo sui fattori di rischio modificabili come il controllo della pressione sanguigna, del diabete e del colesterolo, oltre che assumere uno stile di vita sano controllando alimentazione ed eseguendo regolare attività fisica. Il paziente affetto da occlusione arteriosa retinica dovrà sottoporsi a controlli presso altri specialisti per valutare la presenza di questi fattori di rischio, soprattutto per scongiurare il verificarsi di altre patologie come ictus cerebrale e infarto cardiaco.
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