Le distrofie corneali rappresentano un gruppo di patologie ereditarie ad esordio quasi sempre bilaterale e simmetrico caratterizzate da alterazioni intrinseche del tessuto corneale. Si tratta di patologie complesse, clinicamente e geneticamente eterogenee,
che provocano la perdita di trasparenza corneale a causa di anomalie del metabolismo cellulare dei cheratociti con conseguente accumulo di depositi di natura proteica che possono interessare tutti gli strati della cornea, dall’epitelio all’endotelio.
Interessano circa il 0,09% della popolazione con esordio tra i 5 e 40 anni di età.
Le distrofie corneali sono attualmente classificate nella International Classification of Corneal Dystrophies (IC3D) che divide le distrofie non solo in base al livello di evidenza genetica e fenotipica, ma anche in relazione allo strato di tessuto corneale interessato dal processo patologico.
Le attuali acquisizioni genetiche ed i moderni mezzi diagnostici hanno rivoluzionato il mondo delle distrofie corneali.
I sintomi più comuni sono legati alla riduzione del visus, fotofobia, sensazione di corpo estraneo, erosioni e a volte anche dolore. In alcuni casi, invece, i pazienti sono asintomatici e la diagnosi può essere occasionale.
I trattamenti effettuati sono diversi e dipendono dall’acuità visiva del paziente, dalla sede della distrofia, dalla superficie oculare e dal film lacrimale ed infine dalle condizioni generali del paziente: si passa da trattamenti medici come lacrime artificiali, gel, unguenti, autosiero, agenti iperosmotici e lenti a contatto per bendaggi, a trattamenti para-chirurgici mediante laser ad eccimeri ( cheratectomia fototerapica), fino ad arrivare ad un trattamento chirurgico più invasivo caratterizzato dalla cheratoplastica lamellare o perforante.
A seguire sono descritte le distrofie corneali più comuni.
Nota come distrofia di Cogan o distrofia epiteliale microcistica o “Map-Dot Fingerprint” è la distrofia epiteliale più comune. Tale distrofia è causata dallo sviluppo anomalo della membrana basale dell’epitelio, che fisiologicamente ha la funzione di supporto e ancoraggio dell’epitelio soprastante. In tale condizione le cellule epiteliali non aderiscono perfettamente alla membrana determinando erosioni epiteliali recidivanti che, esponendo le terminazioni nervose del plesso sub-epiteliale, provocano dolore puntorio che compare in genere al risveglio; altri sintomi sono l’aumentata sensibilità alla luce e l’eccessiva lacrimazione. Questa distrofia è bilaterale, l’esordio avviene nella seconda e terza decade di vita; spesso non viene diagnosticata finché non induce erosioni superficiali in quanto il visus è generalmente conservato.
E’ caratterizzata dalla presenza di lesioni puntate e microcistiche, linee disposte a spirale che ricordano le impronte digitali ed aree irregolari a “carta geografica”
(Figure 1 e 2). La terapia della fase acuta è rappresentata da sostituti lacrimali e lente a contatto; in caso di erosioni corneali ricorrenti si possono eseguire trattamenti più invasivi (micro-punture epiteliali, screeping epiteliale con eventuale trattamento con laser ad eccimeri per rimuovere irregolarità di forma) che tuttavia possono non garantire una soluzione definitiva.
È una rara anomalia non progressiva del metabolismo epiteliale corneale. I pazienti possono essere asintomatici, spesso si può osservare la presenza di erosioni recidivanti accompagnate da dolore ed offuscamento visivo. È caratterizzata dalla presenza di piccole ed uniformi cisti intraepiteliali che compaiono nell’area centrale della cornea e si estendono verso il limbus (Figura 3), spesso accompagnata da un lieve assottigliamento corneale. La prognosi rimane favorevole ed il trattamento si basa sull’utilizzo di lubrificanti oculari.
Distrofia stromale correlata a mutazioni di TGFB1, è provocata dall’accumulo di depositi di amiloide (evidente con colorazione rosso congo), o fibre proteiche anomale, nello stroma corneale anteriore (Figura 4 e 5).
La cornea presenta inizialmente opacità biancastre puntiformi e lineari che con il tempo tendono ad aumentare e addensarsi coinvolgendo la zona ottica centrale; è presente un diffuso haze stromale tale da ridurre l’acuità visiva del paziente anche in maniera grave. In qualche caso questo materiale può depositarsi sotto l’epitelio corneale provocando delle erosioni recidivanti che, esponendo i nervi corneali, provocano dolore intenso.
Negli stadi iniziali la terapia è rappresentata da sostituti lacrimali e lenti a contatto, utili nella riduzione del discomfort oculare, mentre nelle fasi avanzate il trattamento è rappresentato dal trapianto di cornea.
La procedura di scelta in questi casi è la cheratoplastica lamellare anteriore profonda (o DALK) che prevede la sostituzione di tutta la cornea ad eccezione dell’endotelio; tale procedimento elimina il rischio di rigetto immunologico endoteliale (la forma più grave di rigetto poiché può provocare lo scompenso del lembo trapiantato) e si riducono alcune complicanze intra- e post-operatorie. Una complicanza di tale patologia è il rischio di recidiva anche nel lembo donatore trapiantato che può richiedere, anche a distanza di anni, la necessità di un nuovo trapianto.
Si tratta di due distrofie stromali autosomiche dominanti correlate, come la distrofia a lattice, a mutazioni di TGFB1.
La distrofia di tipo 1, nota come “distrofia granulare di Groenow” è dovuta all’accumulo di depositi ialini amorfi ed è caratterizzata dalla presenza di depositi stromali anteriori centrali bianchi e ben distinti simili a granelli di zucchero o briciole di pane separate da stroma trasparente. Il paziente riferisce bagliore e fotofobia, con offuscamento visivo alla progressione della malattia; rara è la comparsa di erosioni recidivanti (figura 6 e 7).
La distrofia di tipo 2 è una variante mista (granulare-lattice), nota come “distrofia di Avellino”, è dovuta all’accumulo di depositi sia di amiloide sia ialini ed è caratterizzata da fini opacità superficiali che progrediscono a formare lesioni anulari o stellate; a volte
sono associate ad opacità lineari più profonde. Le erosioni recidivanti tendono ad essere lievi e la diminuzione dell’acuità visiva è un evento tardivo (figura 8).
Il trattamento indicato è la cheratoplastica lamellare anche se, a volte, le opacità stromali superficiali possono essere ablate mediante cheratectomia fototerapica (PTK) senza rimuovere tutta la cornea.
È una patologia corneale caratterizzata da un progressivo e lento deterioramento dell’endotelio corneale; più comune nelle donne e generalmente esordisce a partire dalla mezza età. In questa patologia le cellule endoteliali, che normalmente hanno il compito di mantenere la cornea trasparente, vanno incontro a fenomeni di degenerazione che ne compromettono la sua funzione: la cornea si ispessisce e si riempie di acqua (edema), perde la sua trasparenza comportando una marcata e progressiva riduzione della vista; spesso può insorgere dolore acuto a causa della rottura delle bolle epiteliali. L’acuità visiva rimane normale durante le fasi iniziali della patologia; I pazienti affetti riferiscono inizialmente un appannamento della vista peggiore al mattino (con lieve miglioramento nel corso della giornata) poiché la cornea è più spessa al risveglio a causa della mancata evaporazione notturna; negli stadi avanzati la cornea resta opaca tutto il giorno senza miglioramenti.
Nella distrofia di Fuchs si possono distinguere tre fasi in base alla comparsa dei segni patognomonici della patologia corneale (figura 9, 10 e11):
La terapia risolutiva è rappresentata dal trapianto di cornea, che attualmente è di tipo lamellare posteriore (DSAEK, UT-DSAEK o DMEK), con la sostituzione del solo strato endoteliale; tale procedura assicura un recupero funzionale molto più rapido rispetto ad una cheratoplastica perforante convenzionale e rischi intraoperatori decisamente ridotti.
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