Le cellule staminali corneali sono localizzate nelle palizzate di Vogt a livello del limbus sclero-corneale. Esse presiedono alla differenziazione e proliferazione delle cellule epiteliali corneali e sono dei veri e propri centri germinativi da cui traggono origine le cellule che andranno a ricoprire e proteggere la cornea.
Lo stato di salute delle cellule staminali limbari è determinante nel mantenimento della salute epiteliale e nei processi rigenerativi delle lesioni corneali epiteliali.
Queste ultime, infatti, possono essere divise in base al coinvolgimento limbare in: lesioni epiteliali a limbus intatto o con coinvolgimento limbare parziale o totale.
All’aumentare del danno limbare si riduce la probabilità di restitutio ad integrum del difetto epiteliale, in quanto una minor popolazione di cellule staminali riuscirà a migrare per ripristinare l’integrità epiteliale. È dunque intuitivo che un qualsiasi tipo di lesione che interessi in toto o in gran parte il limbus esiterà in un deficit di cellule staminali limbari (LSCD).
La LSCD può essere:
La LSCD può essere totale o parziale se è coinvolto solo un settore.
La clinica è caratterizzata dai sintomi legati all’infiammazione cronica.
Fotofobia, lacrimazione, rossore sono alcuni dei sintomi più comuni, tuttavia la sintomatologia può differire sensibilmente in funzione della causa scatenante. Nei casi avanzati la compromissione delle superficie oculare porta allo sviluppo di quadri clinici severi che vanno dalla neo-vascolarizzazione corneale fino alla perforazione.
La diagnosi è indirizzata dai reperti clinici e confermata attraverso la citologia ad impressione che evidenzia l’inusuale presenza sulla superficie corneale delle “goblet cells” contenenti epitelio congiuntivale.
L’approccio terapeutico nei casi di presentazione acuta, come le ustioni chimiche, prevede l’allontanamento dell’agente chimico tramite irrigazione con soluzione salina sterile ed eventuale escissione di tessuto congiuntivale e sottocongiuntivale impregnato di particolato. Segue una iniziale terapia conservativa con colliri antibiotici, sostituti lacrimali e nell’immediatezza steroidi topici da interrompere al primo segno di melting corneale.
Nei casi di deficit ormai consolidato si distinguono forme di deficit parziale, in cui la semplice rimozione del panno corneale creatosi può migliorare il quadro clinico pur essendo sufficiente solo in una piccola percentuale di casi, e forme totali la cui terapia è il trapianto di limbus associato o meno a successivo intervento di cheratoplastica.
Il trapianto può essere autologo, se il tessuto proviene dall’occhio sano controlaterale, o eterologo se proveniente da parente o da cadavere; la differenza fondamentale è nel rischio di rigetto (virtualmente assente nel primo caso, elevata nel secondo).
Per tale motivo, in caso di trapianto eterologo è fondamentale che i pazienti siano sottoposti a intensi e prolungati cicli di terapia immunosoppressiva al fine di aumentare le probabilità di sopravvivenza del trapianto.
La produzione continua di lacrime ed il loro drenaggio attraverso le vie lacrimali è fondamentale per il mantenimento dell’integrità della superficie corneale; tale meccanismo fisiologico, infatti, presiede alla guarigione delle ferite e alla protezione contro le infezioni.
Il film lacrimale è composto da tre strati: uno esterno, oleoso o lipidico che previene la rapida evaporazione della componente acquosa (che rappresenta il secondo strato); il terzo e più profondo è quello mucoso che ha la funzione di favorire la diffusione del film sulla superficie. Con l’invecchiamento vi è una naturale diminuzione della quantità di lacrime prodotte con possibile alterazione anche qualitativa dello strato lipidico e mucoso.
La sindrome dell’occhio secco (Dry Eye) è una patologia del film lacrimale che risulta incapace di mantenere la superficie corneale anteriore lubrificata, a causa di una ridotta produzione fisiologica di lacrime o di una loro eccessiva evaporazione.
L’occhio secco è più comune nel sesso femminile ed in età avanzata, soprattutto dopo la menopausa. Esso può essere legato a patologie oculari coesistenti (disfunzione delle ghiandole di Meibomio, blefariti e patologie congiuntivali), malattie sistemiche (artrite reumatoide, Sindrome di Sjögren) o può essere provocato dall’assunzione di alcuni farmaci (antidepressivi, antistaminici). Le abitudini di vita (fumo, uso di lenti a contatto etc.) e le condizioni lavorative (uso del videoterminale) possono contribuire ad aumentarne l’incidenza. Essendo una patologia multifattoriale, oltre ai fattori di rischio già citati, la predisposizione individuale gioca un ruolo determinante.
Caratteristiche comuni nei soggetti con occhio secco sono una maggiore osmolarità e l’instabilità del film lacrimale (minore durata dell’azione lubrificante delle lacrime per ogni singolo battito di ciglia). Queste si traducono in un aumento dell’infiammazione a livello della superficie oculare che a sua volta va ad aggravare il quadro di disfunzione del film lacrimale, chiudendo un vero e proprio circolo vizioso.
Il sintomo principale dell’occhio secco è la sensazione di corpo estraneo e/o sabbia all’interno dell’occhio; ulteriori sintomi possono includere bruciore, eccessiva lacrimazione (paradossa), dolore e rossore; raramente si ha un calo del visus.
I disturbi possono aumentare nei luoghi con aria secca o condizionata, in alcuni casi può esserci una lacrimazione eccessiva poiché l’alterazione degli strati lipidici e mucosi non garantisce la permanenza delle lacrime sulla superficie.
I segni clinici possono variare dalla semplice presenza di una cheratopatia puntata superficiale fino a forme severe con formazione di ulcere sterili che, se non trattate, possono portare alla perforazione corneale (Figure 4 e 5).
La diagnosi del Dry Eye si basa sull’anamnesi, su un esame clinico completo e sui test clinici. I test clinici valuteranno la funzione delle ghiandole lacrimali (test di Schirmer di tipo 1 e 2), l’integrità dell’epitelio della superficie oculare (colorazione con Fluorescina) e la stabilità del film lacrimale (Tempo di rottura del film lacrimale – BUT).
L’obiettivo della terapia è migliorare la quantità e la qualità del film lacrimale così da lubrificare la superficie oculare. La prima misura terapeutica è certamente rappresentata dai sostituti lacrimali (o lacrime artificiali). Anche le misure di igiene visiva, soprattutto nei casi in cui vi siano fattori ambientali predisponenti, possono migliorare la qualità di vita del paziente nelle prime fasi della patologia. Nei casi più severi e nelle forme notturne si può ricorrere all’utilizzo di pomate, unguenti e colliri a base di siero autologo per cercare di migliorare il trofismo corneale e promuovere la riparazione della superficie oculare. In genere a questi presidi si associa la chiusura temporanea o permanente dei puntini lacrimali, al fine di ridurre la quantità di lacrime riassorbita, e, qualora insorgessero ulcere e perforazioni, interventi volti a ridurre l’esposizione corneale quali la tarsorrafia, il ricoprimento congiuntivale e il trapianto di membrana amniotica.
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