Il termine “cataratta” deriva dal greco (“catarréo”, discendere, cader giù) in quanto inizialmente si riteneva che l’opacamento della vista derivasse dalla “discesa di un velo” nell’occhio. In realtà oggi sappiamo che la cataratta è una opacizzazione, totale o parziale, del cristallino, lente naturale posta all’interno dell’occhio, dietro all’iride, che normalmente permette di mettere a fuoco sulla retina le immagini che osserviamo, a diverse distanze, attraverso un meccanismo muscolare dinamico noto con il nome di accomodazione.
Il cristallino è costituito da tre parti principali:
– nucleo (parte centrale)
– corticale anteriore e posteriore (parte periferica)
– capsula (involucro esterno).
La progressiva perdita di trasparenza del cristallino catarattoso riduce la quantità di luce che passa all’interno dell’occhio provocando una sintomatologia tipica caratterizzata da:
Le diverse forme di cataratta possono essere classificate secondo vari principi; secondo il criterio eziologico, si possono distinguere forme congenite, già presenti in tenera età, e forme acquisite, che generalmente si manifestano nell’età adulta.
Comprende forme di cataratta presenti alla nascita o che si manifestano entro i primi mesi di vita. Ancora oggi rappresenta la prima causa di cecità infantile nel mondo ed in più della metà dei casi colpisce entrambi gli occhi. Tra Le cause più frequenti ritroviamo, prime fra tutte, le infezioni contratte dalla madre in gravidanza (rosolia, parotite, varicella); fattori genetici (trasmissione ereditaria e anomalie cromosomiche come la S. di Down, trisomie 13 e 18, S. di Turner); raggi X; assunzione di farmaci in gravidanza (cortisonici, sulfamidici); alterazioni metaboliche – della madre (diabete, ipotiroidismo, carenze alimentari); – del feto; prematurità; alcune patologie oculari (vitreo primitivo iperplastico, microftalmo e retinopatia del prematuro). Se le opacità sono dense ed estese possono impedire il normale processo di sviluppo funzionale dell’apparato visivo, che avviene nei primi mesi di vita, determinando la comparsa del cosiddetto “occhio pigro” (ambliopia), oltre che strabismo e nistagmo. Molto spesso sono i genitori a riferire la presenza di un riflesso pupillare biancastro (leucocoria). Essendo di fondamentale importanza una diagnosi precoce, nel periodo perinatale deve essere eseguito il “test del riflesso rosso” per diagnosticare e trattare nel minor tempo possibile la cataratta congenita.
Le forme acquisite sono le più frequenti, riconoscono diverse cause e fattori predisponenti che condividono un meccanismo comune attraverso il quale concorrono a determinare una riduzione della trasparenza del cristallino, rappresentato da modificazioni nella composizione chimica della lente, e principalmente nell’ossidazione delle sue proteine. Fanno parte di questa categoria:
Seguendo un criterio morfologico, in base alla localizzazione dell’opacizzazione nel cristallino possiamo distinguere:
Mentre in base al grado di opacità si distinguono:
Il decorso della cataratta nella maggior parte dei casi, non è prevedibile anche se normalmente ha una evoluzione lenta. Quando la cataratta riduce la qualità e la quantità visiva a tal punto da interferire con le normali attività quotidiane e lavorative, in rapporto alle esigenze del paziente, è richiesto l’intervento chirurgico. Procrastinare l’intervento aumenterebbe i rischi operatori legati ad una maggiore durezza del cristallino. In alcuni casi l’intervento dà luogo ad ulteriori vantaggi, contribuendo, per esempio, a ridurre la pressione intraoculare nei pazienti affetti da glaucoma.
L’asportazione del cristallino catarattoso comporta la perdita di un importante componente del sistema diottrico oculare. Mentre un tempo il difetto ipermetropico post operatorio veniva corretto con occhiali molto “spessi”, circa 12-13 diottrie, oggi è possibile inserire all’interno dell’occhio, un “cristallino artificiale” il cui potere viene calcolato, in base alle caratteristiche anatomiche e refrattive preoperatorie del singolo paziente, grazie all’esame biometrico che si avvale di strumenti e formule di calcolo sempre più sofisticati.
Generalmente l’intervento di cataratta viene eseguito in regime ambulatoriale e non è necessaria l’ospedalizzazione, dura circa 10-15 minuti, può essere eseguito in anestesia topica e/o locale, mediante la sola instillazione di un collirio anestetico oppure con delle iniezioni vicine all’occhio (anestesia peribulbare). Molto raramente è necessaria l’anestesia generale (es. pazienti non collaboranti). Attualmente esistono diversi metodi di rimozione della cataratta, la scelta della tecnica più appropriata per ogni singolo paziente è riservata al chirurgo. Nel corso degli anni, diverse metodiche chirurgiche sono state utilizzate, perfezionate ed evolute sintetizzandosi nella tecnica chirurgica attualmente più diffusa e praticata, la “facoemulsificazione”. Tale tecnica viene definita “mininvasiva” in quanto prevede delle “microincisioni” corneali (1,8-2,2 mm) che oltre alla ridotta invasività chirurgica consentono una maggiore sicurezza intra e post operatoria riducendo al minimo il traumatismo oculare, l’infiammazione e il rischio infettivo post chirurgico; nella maggior parte dei casi non è necessaria nessuna sutura, con conseguente riduzione dell’astigmatismo indotto chirurgicamente e una più rapida riabilitazione visiva. Lo strumento utilizzato, detto facoemulsificatore (da “pachos” lente), da cui il nome della tecnica, è composto da una sonda dotata di una punta sottile (dai 2.5 ad 1.8 mm di diametro) in grado di produrre ultrasuoni, che vibrando ad altissima frequenza consentono di frantumare il cristallino opaco in piccolissimi frammenti che a loro volta sono facilmente aspirati mediante un sistema automatico di irrigazione ed aspirazione continui. Dopo la rimozione della parte centrale, più dura, della cataratta, la corticale più periferica e “morbida”, viene rimossa con la sola aspirazione, mentre la maggior parte dell’involucro esterno del cristallino (la capsula) viene lasciata integra in quanto servirà ad accogliere il cristallino artificiale, mantenendo le condizioni anatomiche naturali dell’occhio. Il cristallino rimosso viene infatti sostituito da una “lente artificiale” – IOL- “Intra Ocular Lens” introdotta nell’occhio attraverso una speciale siringa (iniettore). La IOL non provoca reazioni di rigetto o allergia. È costituita da materiale di durata illimitata e non richiede cure o manutenzione. L’aspetto estetico è del tutto identico a quello naturale.
Il laser a femtosecondi o femtolaser rappresenta una tecnologia di recente applicazione nell’intervento di cataratta. Rispetto alla chirurgia tradizionale non prevede l’impiego del bisturi, comportando un minor trauma per i tessuti oculari e garantendo una guarigione più rapida. Il raggio laser prodotto, grazie al rilascio di energia di brevissima durata (miliardesimo di secondo), è in grado di creare tagli estremamente precisi nel punto esatto in cui viene focalizzato. Il femtolaser può essere utilizzato per migliorare la sicurezza e la precisione dell’intervento permettendo di ottimizzare e standardizzare alcuni dei passaggi chirurgici più delicati quali:
Tuttavia in alcuni casi quali cataratte evolute o molto dure, presenza di opacità o irregolarità corneali e scarsa dilatazione pupillare, la tecnica tradizionale rimane il gold standard
Nonostante l’intervento di cataratta sia considerato uno dei più sicuri ed efficaci non è comunque scevro da complicanze. Le più frequenti sono rappresentate dalla rottura della capsula posteriore, un inconveniente in corso di intervento, che può determinare lo scivolamento di frammenti di cataratta nel corpo vitreo, liquido gelatinoso contenuto nel bulbo oculare, e rendere necessarie procedure chirurgiche aggiuntive (vitrectomia anteriore) e dall’infezione delle strutture interne dell’occhio (endoftalmite post-operatoria) dovuta a germi patogeni che possono entrare nel bulbo durante o dopo l’intervento. Tra gli effetti indesiderati nel periodo successivo all’operazione i più frequenti sono:
In alcuni casi, può verificarsi nei mesi o negli anni successivi all’intervento, un’opacizzazione della capsula posteriore (involucro più esterno del cristallino che serve da supporto al nuovo cristallino artificiale impiantato) che va incontro ad un progressivo processo di fibrosi, provocando un nuovo annebbiamento della visione. Questo fenomeno viene indicato comunemente, anche se impropriamente, “cataratta secondaria”.
Il trattamento consiste nel realizzare una capsulotomia posteriore cioè un’apertura della capsula posteriore L’intervento si avvale dell’utilizzo di un particolare tipo di laser (Yag Laser), in grado di praticare piccolissime incisioni, similmente ad un bisturi ad altissima precisione, senza la necessità di inserire all’interno dell’occhio nessuno strumento chirurgico. Il raggio laser viene focalizzato sulla superficie posteriore della capsula opacizzata per creare una piccolissima apertura, liberando nuovamente l’asse ottico e ripristinando una visione chiara e nitida. Prima dell’intervento, la superficie dell’occhio viene trattata con un collirio anestetico. Il trattamento non è invasivo, è assolutamente indolore, viene effettuato in modalità ambulatoriale e dura solo pochi secondi.
La chirurgia della cataratta, in questi ultimi anni, si è modificata profondamente trasformandosi in “chirurgia della cataratta refrattiva”, che va oltre la semplice eliminazione dell’opacità del cristallino; infatti, oggi il raggiungimento dell’emmetropia (assenza di difetti di vista) e l’indipendenza dagli occhiali è diventato uno degli obiettivi primari da raggiungere con questa chirurgia che ha portato allo sviluppo delle cosiddette “Premium IOLs”, ossia lenti intraoculari customizzate in grado di andare oltre la semplice correzione del difetto sferico.
La correzione di eventuali difetti visivi, quali miopia ed ipermetropia, si ottiene a seguito di una serie di esami accurati, finalizzati a determinare il potere del cristallino artificiale che andrà ad eliminare gran parte del vizio refrattivo preesistente
La vista dopo l’intervento chirurgico dipende da una scelta consapevole della lente intraoculare che più si adatta alle proprie esigenze. Infatti attualmente in commercio esistono vari tipi di IOL che differiscono per diverse proprietà come la forma, le dimensioni, il materiale, l’angolazione delle anse, il contenuto di acqua, etc. di seguito alcuni esempi.
Sono disponibili anche lenti miste Diffrattive/rifrattive e IOL multifocali TORICHE, per correggere contemporaneamente presbiopia e astigmatismo, oltre all’eventuale difetto sferico presente.
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